Giro d’Italia 2017, ma Nairo cosa viene a fare? Riflessioni su una sfida alla logica comune…

Nairo Quintana sarà al Giro d’Italia 2017. Ormai è certo, ma in che condizioni? Dopo aver detto di non voler essere al via al massimo della forma, il colombiano ha recentemente annunciato a L’Equipe di voler essere al 100%, ma ha anche più volte ribadito che la priorità è il Tour de France. Con questo spirito, è davvero possibile essere al massimo delle proprie energie in entrambe le corse? Il passato recente non sembra proprio poter concedere una risposta affermativa, ma d’altro canto bisogna anche sottolineare come il colombiano nell’anno appena concluso ha dimostrato di poter andare paradossalmente più forte nel suo secondo GT stagionale, piuttosto che nel primo. Colpa di  un’allergia e di una preparazione non proprio ineccepibile, oppure lo scalatore indio ha trovato la quadratura del cerchio sinora solo inseguita? A fine anno (in realtà già a fine luglio) potremmo avere qualche risposta più concreta, anche se le variabili sono così tante in una stagione che basterebbe un piccolo imprevisto per rendere impossibile dedurre una nuova regola o un nuovo metodo dall’esperienza del 26enne sudamericano.

La domanda di base dunque resta, che Nairo Quintana vedremo al via del #Giro100? È evidente che nel momento in cui un corridore della sua caratura (e del suo orgoglio, che va messo in conto) decide di sfidare tutti per tentare una doppietta che non riesce da ormai quasi venti anni e che nella storia è riuscita a così pochi non lo fa giusto per fare. Non sarà al Giro giusto per correrlo. Non arriverà con dei chili di troppo da smaltire, accontentandosi di un piazzamento o di andare a caccia di una tappa. Magari la strada lo costringerà a fare delle rinunce, ma di partenza non sarà in Sardegna con modestia. Sarà al via per conquistare il suo secondo Giro.

Ok, allora vuole vincere il Giro e poi vada come vada al Tour? Sarebbe forse la soluzione e la chiave interpretativa più semplice, ma dopo tre podi la sconfitta alla Grande Boucle non è certo un’opzione facile da digerire. Nel fumo di dichiarazioni sinora abbastanza vaporose e poco concrete, l’unica certezza su cui ci si può basare è dunque che il Tour sia l’obiettivo primario. Detto in maniera semplice, ricapitolando, vuole vincere il Giro e il Tour. Da dire è facile (se si hanno gli attributi che ha mostrato di avere), ma resta da capire come si fa. O quantomeno come vogliono fare lui e la sua squadra. Indubbiamente circondarlo di uomini in grado di minimizzare lo sforzo, che possano scortarlo il più in alto possibile permettendogli di restare al coperto. Questo vuol dire corridori come Andrey Amador in salita e Daniele Bennati in pianura, perlomeno per quanto riguarda il Giro.

Vuol dire risparmiare più energie possibili in una Corsa Rosa nella quale dovrebbe sperare di trovare uno scenario in cui riuscire sin da subito a stordire la concorrenza, potendo poi affidarsi soprattutto alla squadra per poter contenere le offensive degli eventuali avversari. Indubbiamente arriverà in Sardegna come uno dei grandissimi favoriti, ma è plausibile che possa arrivare già in una forma tale da fare sin da subito la differenza? Tutt’altro. Il suo (ma in generale di tutti i grandi leader, che conoscono le difficoltà della terza settimana) sarà probabilmente un Giro in crescendo, nel quale si potrebbe dunque trovare a rincorrere, senza per questo potersi risparmiare. Ma forse sarà proprio questa una delle possibili soluzioni vincenti: arrivare senza molti chilometri nelle gambe e sfruttare la prima parte di Giro per “accumulare chilometri” in vista del gran finale.

Quello su cui si punta in casa Movistar è la peculiarità del colombiano. Sulla sua capacità di essere già competitivo (seppur non sempre vincente) anche con poche corse nelle gambe. Certo, nelle prime fasi dovrà difendersi, ma avrà al suo fianco una squadra di assoluto livello, in grado di proteggerlo, e la sua grande capacità di concentrazione, di lettura della corsa, che gli ha permesso più volte in questi anni di gestire al meglio le situazioni, anche difficili, senza eccessivo dispendio di energie. Inoltre, contano di far fruttare il suo grande legame con la sua terra e i benefici fisiologici che questa preparazione così diversa sinora gli ha sempre procurato non potranno che fargli bene. Per lui l’allenamento a casa equivale sostanzialmente ad un ritiro in altura, riuscendo a combinare i vantaggi dell’allenarsi in famiglia con quelli di un training camp. Sembra poco, ma anche a livello mentale fa tanto. Si riescono a conciliare le esigenze dell’uomo con quelle del ciclista (un equilibrio mai facile da trovare, soprattutto con il passare del tempo).

Poche corse sono inoltre anche il viatico per poter davvero arrivare in Francia con possibilità concrete di vittoria. Tra Giro e Tour ci sono 33 giorni, nei quali probabilmente al massimo ci sarà una breve corsa a tappe, tanto che Eusebio Unzué spiega alla Gazzetta dello Sport che in tutto l’anno prima di luglio ci saranno circa 40gg di corse. 21 lo vedranno impegnato nel sogno rosa, che quindi è inevitabilmente anche considerato parte integrante della preparazione in vista del Tour. “Abbiamo una serie di dati tecnici che ci fanno pensare che Nairo possa far bene entrambe i giri – spiega l’esperto dirigente spagnolo – La sua storia dice che nella seconda grande corsa a tappe della stagione rende meglio che nella prima”. Tutto è detto.

A buon intenditor, poche parole: Nairo Quintana sarà al via del Giro d’Italia perché ritengono che così facendo possa paradossalmente andare ancora più forte al Tour de France. Nel mentre, cercherà anche di vincere la Corsa Rosa. Sembra quasi assurdo, una sfida alla logica che sinora abbiamo sempre conosciuto e alla quale tutti – o quasi – i grandi campioni si sono dovuti arrendere. Eppure, l’intenzione è proprio quella. E se sembra una mancanza di rispetto per il Giro e per i rivali che dovrà affrontare, è perché siamo – chi più, chi meno – tutti figli di quella logica, ormai radicata non solo nei ciclisti, ma anche negli addetti ai lavori, nei suiveur e nei tifosi.

Una logica che il colombiano prova a sfidare. Senza pretendere che questa sia la strada da seguire per tutti, quanto piuttosto per lui. Un po’ presuntuoso? Forse. Ma d’altro canto, tutti i grandi campioni sono tali anche per l’orgoglio e per la grande convinzione e consapevolezza dei propri mezzi. Sono tali perché sanno di poter battere gli avversari, sanno di poter fare cose che le persone comuni non possono fare. Ognuno ha difetti e qualità, a volte anche uniche: e questa potrebbe essere una di quelle…

In ogni caso, tanto di cappello anche solo perché ci prova, contro tutto e tutti.

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